Dipende dal calendario lunare islamico: il 21 o il 22 agosto avrà inizio il Ramadan, il mese sacro dei musulmani che si concluderà il 19 o il 20 settembre. Durante questo periodo i seguaci di Maometto dovranno astenersi, dall’alba al tramonto, dal mangiare, dal bere, dal fumare e dal fare sesso, attività che sono invece consentite dal tramonto all’alba. Un mese dunque che stravolge le abitudini non soltanto dei cinquantamila islamici che vivono a Milano (secondo il vicesindaco De Corato non sono però più di cinquemila i musulmani che seguono alla lettera il Ramadan) ma anche quelle dei cittadini milanesi che vivono nella zona in cui si svolge la preghiera. Tutto ciò avveniva, fino a due anni fa, in viale Jenner; l’anno scorso, in seguito alle proteste dei residenti e all’intervento del ministro Maroni e del prefetto Lombardi, la preghiera serale fu spostata al teatro Ciak in via Procaccini. Quest’anno, a poche ore dall’inizio della preghiera, non si sa ancora dove potranno recarsi i musulmani. Il gestore del Ciak dice che alle condizioni dell’anno scorso (gli sono stati dati soltanto 5mila euro) lui non mette a disposizione il teatro, Abdel Hamid Shaari, direttore dell’Istituto culturale islamico di viale Jenner dice che loro sono disposti a trattare un affitto solo quando sarà trovata una soluzione definitiva. È evidente che non si può andare avanti così, con queste polemiche e questi tira e molla. Ed è altrettanto evidente che il problema è la mancanza di una vera moschea a Milano. Visto che la Costituzione italiana garantisce la libertà di culto non vedo perché non si possa dire alla comunità islamica cercatevi un terreno isolato, compratevelo e costruite una moschea a vostre spese. Non vedo perché la preghiera dei musulmani debba diventare, ogni anno, un problema per il prefetto o per Palazzo Marino. Si teme che la moschea potrebbe diventare un covo di terroristi? Che cosa cambia rispetto agli altri luoghi di raduno dei musulmani; toccherebbe alle forze dell’ordine e ai servizi tenerla d’occhio come suppongo che facciano con viale Jenner. I milanesi sono stufi di assistere ogni anno a questi penosi tira e molla e comunque, il problema, non si risolve spostandolo da viale Jenner a via Procaccini o in qualsiasi altra strada di Milano. Non esiste nella nostra città un luogo adatto dove, per un mese, si possa pregare cinque volte al giorno e dove, al calar del sole, si possa tranquillamente mangiare e bere fino a tardi. Nessuno d’altra parte può impedire ai musulmani che vogliono farlo, di pregare cinque volte al giorno e poi di mettersi a mangiare, a bere e a fumare. Ma gli si dica chiaramente che il problema è loro non di Milano, non dei milanesi. E sono loro, gli islamici, che devono risolverlo nel rispetto delle nostre (e non delle loro) leggi. E se non gli sta bene che preghino in casa.
Il Giornale.it
18-08-09
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