Racconta tante cose - i traumi di una bimba, l’approccio con le donne maltrattate, il peso dato alle denunce delle vessazioni, l’operato dei carabinieri e del carcere - il processo che si è concluso ieri mattina davanti al gup Bruno Perla. Il giudice ha condannato a 30 anni il padre di famiglia di origine marocchina - Abderrahim Qablaoui, classe ’59 - che la sera del 23 febbraio accoltellò e uccise la giovane moglie Jamila, incurante del fatto che in casa ci fossero i due figli, una bimba di tre anni e mezzo e un bimbo di 16 mesi. La pena detentiva traduce, con il rito abbreviato, l’ergastolo chiesto dal pm Giuseppe Di Giorgio. E’ caduta l’aggravante della crudeltà, sono rimaste quelle del vincolo coniugale e dei motivi da niente, non sono state riconosciute le attenuanti generiche. Il giudice ha anche fissato le provvisionali dei risarcimenti dovuti alle parti civili: 30 mila euro a testa per il fratello e le due sorelle di Jamila, 200 mila euro per ciascun figlio.
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